Sul territorio del crotonese, erano più attivi della Sovrintendenza ai Beni culturali: da anni scavavano le valli del fiume Neto – dove nel mito approdarono le barche degli achei di ritorno dalla guerra di Troia – e ne estraevano tesori: manufatti in metallo terracotta, gioielli e soprattutto monete, risalenti all’età della Magna Grecia.
Per questo sono finiti in manette due appassionati di archeologia, Giorgio Salvatore Pucci, 59 anni e Alessandro Giovinazzi, 30 anni. Loro mettevano le mani sui reperti portati alla luce, e grazie a una vasta rete di complici, li facevano finire sul mercato clandestino internazionale. Oltre a Pucci e Giovinazzi, sono state assegnate ai domiciliari altre 23 persone, mentre in Serbia sono stati effettuati 13 arresti.
“Non ci sono delle liste o delle descrizioni accurate delle caratteristiche di questi beni perche si tratta di beni la cui esistenza non è nota”, spiega Teresa Magno, magistrata della rappresentanza italiana di Eurojust, che insieme a Europol e ai Carabinieri del nucleo di tutela dei beni culturali, ha partecipato all’operazione.
Le indagini continuano, anche per accertare eventuali commistioni degli archeo-criminali con le cosche di ndrangheta, che in questa parte della Calabria ha radici profonde.
Finora sono stati recuperati numerosi reperti risalenti al IV e al III secolo a.C., che erano nella disponibilità di uno dei capi dell’organizzazione: vasi e lucerne in terracotta, piatti decorati con scene di animali, fibbie e mobili. Non è stata ancora fatta una stima del valore economico dei beni sequestrati, ma potrebbe ammontare a svariati milioni di euro.