Tornano a vibrare le strade di Beirut, sin dalle prime ore del mattino di lunedì, in cui le forze di sicurezza hanno lanciato gas lacrimogeni tra i dimostranti antigovernitivi, composti da sostenitori di Amal (il Movimento politico e militare libanese d’ispirazione sciita) e di Hezbollah (formazione di riferimento degli sciiti libanesi nata agli inizi degli anni Ottanta nel bel mezzo della guerra civile e dell’invasione israeliana). L’apice degli scontri si è raggiunto quando i manifestanti hanno bloccato l’accesso al ponte principale della città.
Entrambi i gruppi, lo scorso 29 ottobre, avevano attaccato con spranghe e percosse manifestanti e attivisti radunati in una delle principali strade dei Beirut, vicino alla centrale piazza dei Martiri.
È solo l’ultimo capitolo di una scena che si presenta da ben 5 settimane in Libano, dove le proteste hanno costretto alle dimissioni lo scorso 29 ottobre il primo ministro Saad Hariri. E da allora il capo di Stato, Michel Aoun, non ha ancora avviato le consultazioni politiche previste dalla costituzione. Entrambi i gruppi Hezbollah e Amal erano rappresentati nella coalizione di governo guidata dal Primo Ministro dimissionario.