Una sentenza tesa solo a far calare il sipario sul caso Khashoggi, un verdetto inaccettabile.
Dopo la codanna a morte da parte di un tribunale di Riad di cinque persone per l’assassinio nel consolato saudita ad Istanbul del giornalista saudita autoesiliatosi negli Stati Uniti, Jamal Khashoggi, l’onda di indignazione è una pietra scagliata contro il principe ereditario saudita Mohammed Bin Salman.
Va in fumo la tesi dell’intelligence americana, che venne riportata dal Washington Post, e dell’ONU, secondo cui sarebbe stato Bin Salman a volere l’assassinio del giornalista.
Dalle Nazioni Unite all’ONU: la sentenza serve a insabbiare
Per Stephane Dujarric, portavoce del segretario generale, Nazioni Unite, la sentenza di un tribunale di Riad è inaccettabile: “Il segretario generale continua a sottolineare la necessità di un’indagine indipendente e imparzialesull’omicidio per garantire un esame pieno e responsabilità nella violazione dei diritti umani”, ha detto Dujarric.
Per Ankara, dove il crimine ha avuto luogo nell’ottobre dello scorso anno, la sentenza è “lungi dal soddisfare le aspettative” e ancora peggiore è la condanna degli attivisti per i diritti umani, reporter senza frontiere parla senza mezzi termini di una foglia di fico: “La condanna a morte di cinque degli accusati può essere interpretata solo come un desiderio di mettere a tacere per sempre i testimoni o persino gli autori di questo orribile omicidio”, ha detto il segretario generale dell’organizzazione, Christophe Deloire.
La fidanzata di Khashoggi, Hatice Cengiz, ha dichiarato che il verdetto saudita è “inaccettabile“, ma uno dei suoi figli, Salah, che vive in Arabia Saudita, ha affermato che la magistratura saudita “è stata giusta”.
Khashoggi è stato ucciso a ottobre nel consolato saudita di Istanbul dove si era recato per ottenere dei documenti in vista del matrimonio. Il giornalista era un editorialista del Washington Post dalle cui colonne, tra l’altro, criticava il regime di Bin Salman fino a quando non è più uscito dalla sede diplomatica.