Cannabis sì, cannabis no: la questione “personale” e l’industria in Europa

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In Italia coltivare la cannnabis a uso personale in casa, se le piante sono poche, non è reato. Anzi, per riferire in punta di sentenza le parole degli ermellini delle sezioni unite penali della Cassazione, il reato è da escludersi per quelle attività che riguardano la “coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore”.

Insomma, va bene averle in casa a patto che non le si spacci. Alla decisione la cassazione è arrivata lo scorso 19 dicembre, rispondendo a un ricorso presentato a ottobre, ma se ne dibatte solo da ieri. La cassazione ribalta così, divese sentenze precedenti emanate dalla corte costituzionale – che avevano stabilito in linea di principio che la coltivazione della cannabis è sempre reato – ma la nuova decisione non mette in discussione il reato in sé di coltivare lo stupefacente, tuttavia, aprendo di fatto all’utilizzo personale, mette a fuoco il vuoto legislativo su questo tema e al contempo spiana la strada per il futuro. In sostanza, secondo questa tesi, per il bene giuridico della salute pubblica non esisterebbe alcun pregiudizio da parte del singolo che decide di coltivare per sé qualche piantina di marijuana.

La legalizzazione della cannabis light non investe solo il Belpaese. Secondo la società di consulenza inglese Prohibition Partners la probabilità che la cannabis venga legalizzata in Europa nei prossimi tre anni si attesta fra il 60 eil 70%, mentre il mercato della sostanza svilupperà un valore totale di 123 mld di euro entro il 2028. Infatti, sempre secondo gli studi compiuti dalla società negli ultimi mesi, come anche riferito dal sito di inchiesta su economia ed etica “Valori”,l’industria della cannabis europea è cresciuta più che negli ultimi sei anni e già 500 milioni di euro sono stati investiti nel business.

Business che va oltre il settore medico, dove la cannabis in diversi paesi come Regno Unito, Danimarca e Francia è già considerata legale per un uso terapeutico.

La pronuncia della cassazione si basa sul caso di una persona che aveva fatto ricorso per l’annullamento di una condanna che riguardava la coltivazione di due piante di marijuana, una alta un metro e con 18 rami e l’altra alta 1,15 metri e con 20 rami. Ed è stata accolta positivamente da una larga fetta del mondo politico italiano, M5S in testa, mentre permane la contrarietà di Fdi e Lega che proprio nei giorni scorsi hanno bloccato in senato il passaggio di un emendamento che avrebbe regolarizzato la produzione e la vendita di cannabis light in Italia. Un altro aspetto della questione che resta senza indicazione politica.

In attesa delle motivazioni della pronuncia del 19 dicembre che spiegheranno nei dettagli la pronuncia, il fatto mette sempre più in evidenza che spesso è la magistratura a doversi occupare e dunque a indirizzare questioni che investono la volontà o meno della cittadinanza.

 

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