A quasi un anno dal suo arresto e dalla morte avvenuta per mano di alcuni agenti d’intelligence, l’insegnante Ahmed al-Kheir Awadh che aveva manifestato nello stato di Kassala, nel Sudan orientale, durante le proteste che hanno segnato il Paese dell’Africa orientale, sin dal dicembre 2018, e che hanno condotto alla deposizione del dittatore Omar al-Bashir, ha ottenuto la sua fetta di giustizia.
Un tribunale sudanese ha emesso la condanna per 27 agenti dell’intelligence per averlo torturato, impiccato e ucciso, direttamente in una struttura dei servizi segreti.
Cosa è successo in Sudan negli ultimi 12 mesi
Omar al-Bashir, che aveva preso il potere con un colpo di stato nel 1989, è stato deposto ad aprile del 2019, dopo 30 anni di potere incondizionato, per mano dei militari. Con quest’ulteriore colpo di stato che lo ha deposto, le proteste non sono cessate e i sostenitori di un governo civile hanno continuato a manifestare, fino al raggiungimento di un accordo per la formazione di un consiglio congiunto di transizione militare-civile, nell’agosto scorso.
Nuovo primo ministro del Sudan dalla fine di agosto è Abdalla Hamdok, ex diplomatico dell’Onu che lo scorso 5 settembre ha presentato il nuovo governo formato da 18 ministri: 14 uomini e 4 donne.
Secondo Amnesty International, almeno 177 persone sono rimaste uccise nella repressione messa in atto durante le proteste, mentre fonti sanitarie vicine al movimento ne contano oltre 250. Il massacro peggiore è avvenuto il 3 giugno scorso fuori dal quartier generale dell’esercito a Khartum: gli autori vestivano divise militari.
Abdalla Hamdok ha presentato lo scorso 5 settembre i ministri del suo nuovo governo. Del governo fanno parte 18 ministri: 14 uomini e 4 donne. Hamdok era stato nominato primo ministro in seguito a un accordo tra militari e civili, dopo lunghe trattative mediate dall’Unione Africana e dall’Etiopia.
A luglio scorso le forze armate sudanesi hanno arrestato un generale di primo piano e diverse altre persone sventando così un tentativo di colpo di Stato. Il generale coinvolto nel tentaivo di colpo di stato risulto’ poi essere Hashem Abdel Moteleb Ahmed, capo di Stato maggiore delle forze congiunte, insieme a diversi alti ufficiali delle forze armate e dei servizi segreti, oltre ad esponenti del movimento islamico e del partito del Congresso nazionale del deposto presidente Omar Bashir.
Il fatto avviene proprio nel bel mezzo del tentativo da parte di esercito e movimento pro-democratico
nazionale di formare un nuovo sistema di governo dopo la deposizione di Bashir.
A fine novembre scorso il governo di transizione del Sudan ha approvato una legge per sciogliere il partito dell’ex presidente. Secondo la legge si procederà a confiscare le proprietà del Partito del Congresso Nazionale, così che, ha detto il primo ministro Abdalla Hamdok, «al popolo sudanese venga restituito ciò che gli era stato rubato». Sempre a novembre l’autorità di transizione sudanese ha abrogato le leggi che prevedevano arresti e frustate per le donne sorprese in feste private o che indossavano dei pantaloni.
La condanna di Omar Bashir
Lo scorso 14 dicembre una corte di Khartoum, capitale del Sudan, ha emesso una prima condanna contro l’ex presidente, infliggendogli due anni di reclusione per riciclaggio di denaro e corruzione, senza affrontare accuse più gravi come l’ordine di sparare su manifestanti o il suo ruolo nel golpe che nel 1989 lo porto’ al potere. Per ora, inoltre, una sorta di veto ai militari impedisce una sua estradizione all’Aja, dove la Corte penale internazionale lo vuole processare per i crimini di guerra e il genocidio perpetrati in Darfur, la provincia occidentale sudanese dove un conflitto fra governativi e ribelli negli anni 2000 ha causato circa 300 mila morti e 2,5 milioni di sfollati, secondo stime dell’Onu.