Un summit a porte chiuse nella cittadina francese di Pau alla presenza di Emmanuel Macron e dei cinque capi di stato della regione del Sahel. Il presidente francese ha scelto questa città perché ospita il Quinto reggimento elicotteri da combattimento, dove militavano i 13 soldati morti nelle operazioni in Mali lo scorso 25 novembre.
Si è trattato delle peggiori perdite per la Francia dal 2013 ad oggi occorse un periodo in cui la presenza delle truppe transalpine dell’operazione Barkhane in Sahel è criticata da più parti. Mauritania, Mali, Ciad, Burkina Faso e Niger sono ormai da anni instabili annche per la presenza di covi di terroristi. Alla fine del summit di lunedì gli stati del Sahel tornano a ripetere che la presenza francese deriva da una loro richiesta diretta. Sono gli africani che hanno chiesto aiuto anche per superare con questa collaborazione.
Sul terreno la situazione non è delle migliori. Anche l’operazione Barkhane va ripensata. I soldati francesi dovranno ora concentrarsi sul Liptako, una vasta regione alla frontiera fra Mali, Niger e Burkina Faso, un feudo dello stato islamico senza dimenticare il Gourma, altra regione a forte presenza jihadista. Questo potrebbe portare a un aumento della presenza militare francese oggi di circa 4500 uomini.
Nel dicembre scorso era stato convocato un meeting d’urgenza dopo il massacro di 71 soldati nigerini al confine col Mali.
Macron è anche connsapevole del fatto che la presenza militare francese venga attaccata da più parti con l’accusa di essere del nneocolonialismo, ma il presidente ha identificato lo stallo della situazione attuale con la debolezza istituzionale degli stati della regione reiterando il concettto che la Francia non ha né i mezzi né l’intresse di sostituirsi agli stati nazionali. Può fornire un aiuto, ma debbono essere gli africani a liberarsi dal giogo jihadista.
La Francia ha ovviamente interessi geopolitici nella regione, ma non è la sola. Dalla Cina, alla Russia, dagli USA al Brasile l’Africa è ancora considerata terra di conquista economica. Parigi è però uno dei rari casi in cui una nazione non africana s’impegna con una presenza di uomini e mezzi di tale portata ed ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane.
Il summit a porte chiuse di Pau ha probabilmente anche il compito di spiegare ai capi di stato e di governo della regione che anche loro debbono fare la loro parte non attendosi che la Francia continui a togliere le castagne dal fuoco e a lottare da sola contro organizzazioni terroriste che dispongono di un enorme bacino di adepti visto che operano in una delle regioni più arretrate del pianeta, anche se ricca di risorse naturali.