Sabato 18 gennaio, sarebbe stato il 70esimo compleanno di Gilles Villeneuve, l’indimenticato pilota canadese che ci lasciò durante le qualifiche a Zolder del 1982, a 32 anni. Gli eroi, si sa, muoiono abbastanza giovani. E quello che sarebbe stato soprannominato “l’aviatore” e che poi marcò a fuoco il numero di gara 27 come suo simbolo, è stato uno dei più fulgidi esempi di un modo di intendere le corse e il pilotaggio “oltre il limite” che oggidì non è più possibile applicare.
Lo vogliamo ricordare estrapolando alcuni passaggi da un pezzo – “Villeneuve oggi avrebbe 70 anni” – che il nostro Alberto Sabbatini ha pubblicato sul suo blog personale, visto che pochi possono davvero commemorare opportunamente un pilota che proprio suo padre (il grande direttore Marcello Sabbatini) portò alla gloria e alla mitologia dell’automobilismo quand’era ancora in vita, accendendo quella che venne chiamata “Febbre Villeneuve“.
“Come sarebbe Gilles adesso? Provando a fantasticare ce lo immaginiamo con i capelli con la riga in mezzo come una volta ma brizzolati, il fisico minuto sicuramente un po’ appesantito, il viso attraversato da qualche ruga ma sempre con quei lineamenti morbidi da bambino. Magari indosserebbe gli occhiali, come suo figlio Jacques. Magari vivrebbe in Canada, dove era nato, e ce lo immaginiamo ogni tanto con una di quelle camicie di flanella a quadrettoni che indossa talvolta anche suo figlio, camminare per i boschi del Quebec. Di certo non userebbe un’auto elettrica, semmai un muscoloso pick-up americano V8 con gommoni larghi e assetto rialzato. E sicuramente, anche se settantenne, farebbe ancora il matto per la strada al volante. Anzi, forse con le severe regole di oggi, gli toglierebbero la patente un giorno sì e l’altro pure.”
“Davanti a centomila persone entrate gratuitamente nella base aeronautica di Istrana, che quel giorno volle aprire le proprie porte alla gente di tutti i giorni, Villeneuve si esaltò vincendo la sfida di accelerazione contro i caccia F-104. E quando tornò all’hangar seguito da un codazzo di persone, vedendo quella scena nacque l’immagine della “cometa Gilles“: la Ferrari con lui dentro era la stella e il codazzo di tifosi che gli correva dietro erano la scia, di quella cometa.”