Unica certezza è che la procura di Gorizia ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio volontario e che comunque sia andata, ad essere messa sotto accusa, è la stessa istituzione dei centri permanenti per i rimpatri.
La ricostruzione dei fatti sulla morte del georgiano Vakhtang Enukidze, 37 anni e non 20 come ieri era stato diffuso, è decisamente poco chiara anche se alcuni elementi cominciano a delinearsi. Il 37enne era stato arrestato e portato in carcere martedì 14 gennaio con l’accusa di aver aggredito in una camera un altro ospite della struttura, nel corso delle fasi movimentate dell’arresto e in quelle che l’hanno preceduto, l’uomo avrebbe subito una lesione che, non diagnosticata, l’avrebbe poi portato alla morte.
Ma su questo occorrerà avere maggiori certezze che dovrebbero giungere dall’autopsia. Di certo l’arresto era stato convalidato dal Gip, ma anzichè tradurlo in carcere, visto che era vicino al rimpatrio, era stato deciso di farlo tornare nel Cpr nella giornata di giovedi 16 gennaio sera. Il resto è cronaca di ieri, nella mattinata infatti viene chiamata l’ambulanza del 118 nel Cpr, dopo l’allarme lanciato dai compagni di stanza del georgiano che pare si fosse sentito male nella notte. La corsa in ospedale Gorizia non è servita dato che per Vakhtang Enukidze il decesso è sopraggiunto nel pomeriggio.
Come accennato in apertura la Procura sta cercando di ricostruire nel dettaglio gli ultimi giorni di vita dell’uomo, che prima degli eventi che presumibilmente l’hanno portato alla morte era in buona salute. L’ipotesi di reato è quella di omicidio volontario ma al momento non ci sono indagati. La Procura goriziana sta vagliando tutti gli elementi e raccogliendo testimonianze anche relativamente alla giornata del 14. Nel pomeriggio di oggi (domenica 19 gennaio) i comitati anti-cpr hanno annunciato si terrà una manifestazione sulla strada regionale 305 che porta al Cpr.
In ogni caso che queste strutture detentive siano inadeguate è sbagliate è sotto gli occhi di tutti, mentre sul caso specifico andranno svolti approfondimenti specifici evitando di semplificare su base ideologica i fatti. Altre certe “prove” postate sui social andranno verificate, anche perchè passare dall’ipotesi di lesioni durante tafferugli postando come prova principe un filmato nel quale si vedono carabinieri in tenuta antisommossa “fronteggiare” un gruppo di migranti, alla narrazione (sullo stesso sito) di un racconto di un testimone presunto (dato che non se ne conosce l’identità ed il ruolo nella vicenda) che racconta ben altro, non è certo una prova certa. Così come non sono prove certe le dichiarazioni di Prefetti e Questori, che non sono certo testimoni oculari.