Ci sono dei se, ma qualora gli otto imputati nel processo sul depistaggio nel caso Cucchi dovessero essere condannati, allora anche il ministero della Difesa dovrà procedere con il risarcimento. La decisione è stata presa, di fatto, con il respingimento dell’istanza presentata dal team dei legali del dicastero che, dunque, non hanno ottenuto l’esclusione dalla responsabilità civile di quanto avvenuto. Lo stesso ministero resta, comunque, anche parte civile nei confronti degli otto indagati.
Alla fine, dunque, non è stata accettata la linea presentata dagli avvocati del ministero della Difesa che avevano valutato come un vulnus la possibilità che il dicastero fosse, al tempo stesso, sia parte civile che responsabile civile nel processo sulla morte di Stefano Cucchi e del depistaggio che ne è conseguito tra diversi personaggi dell’Arma dei carabinieri.
In poche parole: se gli otto, con diverse responsabilità e capi di imputazione, dovessero essere condannati, anche il ministero della Difesa (in quota parte con gli imputati) dovrà procedere con il risarcimento nei confronti della famiglia del geometra romano morto il 22 ottobre del 2009 dopo le violenze subite in caserma da due Carabinieri in seguito al suo arresto – per possesso di sostanze stupefacenti – del 15 ottobre dello stesso anno.
Il tutto è partito dalla richiesta di un agente della polizia penitenziaria, indagato e assolto nel primo processo sul caso Cucchi, che aveva indicato – su parere dei suoi avvocati – il ministero della Difesa come responsabile civile per il depistaggio avvenuto in caserma. All’inizio di questa tragica storia, infatti, le relazioni (poi rivelatesi non vere) avevano fatto ricadere le responsabilità delle vessazioni sul geometra romano su due agenti della penitenziaria. La realtà, confermata dalle sentenze successive, era ben diversa con le responsabilità attribuite ai Carabinieri. E proprio per di questo depistaggio il dicastero può essere ritenuto (in caso di condanna degli imputati) come responsabile civile.