La Turchia ha violato la legge internazionale schierando una divisione nella zona di Idlib in Siria. Lo ha detto il ministero della Difesa russo. “Nessuno in Occidente nota le azioni di Ankara che ha dispiegato in violazione del diritto internazionale un gruppo offensivo grande quanto una divisione meccanizzata al fine di ‘garantire con tutti i mezzi l’adempimento dell’accordo di Sochi'”, ha detto il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. La divisione meccanizzata potrebbe essere composta da 14.000 militari, 250 carri armati e altre 300 unità corazzate. Così Interfax.
130 mila profughi verso la Grecia. L’Ue avvisa Erdogan
‘Questo è il confine dell’Europa’. Strage di bambini a Idlib
Da Lesbo a Idlib, dalle frontiere dell’Europa alla guerra in Siria. Una strage dopo l’altra segna i due fronti della drammatica crisi migratoria che attraversa la Turchia. Mentre migliaia di profughi continuano ad ammassarsi ai suoi confini terrestri con Grecia e Bulgaria, e le partenze verso le isole greche dell’Egeo non si fermano, nella martoriata regione della Siria nordoccidentale un raid governativo ha provocato un nuovo massacro di civili. Un razzo sparato dall’aviazione di Damasco ha centrato una strada nel centro cittadino, aprendo un cratere nell’asfalto e colpendo con schegge e detriti i palazzi che si affacciano sulla via: nove i morti, cinque erano bambini. Un nuovo capitolo della tragedia umanitaria che ha causato la più grande ondata di sfollati in nove anni di conflitto, con quasi un milione di persone – più di metà bambini – stipate al confine turco-siriano in condizioni drammatiche, mentre secondo l’Onu si moltiplicano abusi e crimini di guerra nei confronti della popolazione civile. Sempre più difficile appare ance la situazione al confine tra Turchia e Grecia. Secondo Ankara, sono 130 mila le persone che si sono spostate dalle zone interne per cercare di entrare nel territorio Ue dopo che Recep Tayyip Erdogan ha deciso di aprire le porte perché Bruxelles non l’ha appoggiato in Siria e “non ha rispettato la sua parte dell’accordo” sui migranti del 2016. Una cifra che appare esagerata, visto che Atene parla di 24 mila tentativi di ingresso illegale bloccati e 183 arresti finora. Ankara non è “nella posizione di fermare” i migranti, ha tuttavia avvertito il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Una crisi di fronte a cui l’Ue prova a serrare i ranghi. “Chi cerca di mettere alla prova l’unità dell’Europa resterà deluso. Manterremo la linea e la nostra unità prevarrà. La Turchia non è un nemico e le persone non sono mezzi per raggiungere un obiettivo”, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che si è recata oggi alla frontiera greca con i presidenti delle altre istituzioni europee e il premier Kyriakos Mitsotakis, annunciando lo stanziamento di 700 milioni di euro in aiuto di Atene, definita lo “scudo” d’Europa. “L’Europa non può accettare ricatti”, sostiene anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Nelle prossime ore l’Alto rappresentante Josep Borrell avrà ad Ankara incontri di “alto livello” insieme al commissario per la Gestione delle crisi Janez Lenarcic per provare a tracciare una via d’uscita da discutere poi al consiglio straordinario dei ministri degli Esteri dell’Unione giovedì e venerdì. Una mediazione difficile, anche perché all’interno dell’Europa i falchi tornano a chiedere la linea dura, con il cancelliere austriaco Sebastian Kurz che parla di “un attacco della Turchia contro l’Europa”. Intanto a Idlib la battaglia tra l’esercito turco e quello siriano appoggiato dalla Russia continua a infuriare. Stamani Ankara ha rivendicato l’abbattimento di un caccia L-39 con un missile sparato da un suo F-16 dal territorio turco. Dall’inizio dell’offensiva ribattezzata ‘Scudo di Primavera’, lanciata il 27 febbraio dopo l’uccisione di 34 soldati turchi, l’esercito sostiene di aver “neutralizzato” (cioè ucciso o ferito) 2.884 militari nemici. Uno scontro in cui la Turchia ha incassato il sostegno anche plastico degli Usa, con un breve attraversamento simbolico del confine nell’area sotto il suo controllo dell’inviato speciale del presidente Donald Trump per la Siria, James Jeffrey, e dell’ambasciatrice americana all’Onu, Kelly Craft. Una carta in più da giocare in vista della resa dei conti giovedì a Mosca tra Erdogan e Vladimir Putin.