Lo spread tra Btp e Bund supera anche la soglia dei 320 punti base, a 322, con il tasso del titolo italiano a 10 anni che sfiora il 3% , al 2,98%, toccando il livello più alto da febbraio 2019.
Il rialzo dello spread non intacca Piazza Affari, che, grazie anche al blocco delle vendite allo scoperto, contiene il calo all’1,2%. Soffre Intesa Sanpaolo (-3,54% teotico), congelata al ribasso insieme a Nexi 8-4,97%). Più caita Unicredit (-1,13%), mentre Banco Bpm (+0,5%) si muove in controtendenza. Sotp al ribasso anche per Cnh (-8% teorico), mentre Fca (-6,5%) è stata riammessa agli scambi. Tra i pochi rialzi Pirelli (+2,68%), Recordati (+0,97%), Prysmian (+6,1%) e Tim (+5%), entrambe spinte dal ricorso al telelavoro. Bene Terna (+2,6%) e Atlantia (+1,8%).
Peggiorano le borse europee con i futures Usa in calo del 4%. Francoforte, Londra e Parigi lasciano sul campo oltre il 5%, Madrid cede il 3,9% e Milano l’1,2%, nonostante il balzo dello spread oltre quota 320 punti. In Piazza Affari e Bruxelles (+0,73%) si sentono gli effetti del blocco alle vendite allo scoperto, deciso anche in Francia e Spagna. Corrono i telefonici Proximus (+12,5% a Bruxelles), Bt (+6%) e Tim (+5,8%), grazie al telelavoro. Bene Prysmian (+5,45%) che posa cavi telefonici.
Prezzi del petrolio in caduta libera per l’impatto del Coronavirus sull’economia globale. Il greggio Wti segna un ribasso del 4,2% a 25,8 dollari al barile, toccando il livello più basso da maggio del 2003. Giù anche il Brent scivolato fino a 28,06 dollari al barile.
Scatta dalla seduta di oggi il divieto annunciato ieri dalla Consob ad effettuare vendite allo scoperto su tutti i titoli di Piazza Affari per 3 mesi. Il provvedimento, che aveva interessato solo alcuni titoli nel corso delle sedute dello scorso 13 marzo e di ieri, riguarda tutte le cosiddette “posizioni corte”, utilizzate per guadagnare in Borsa anche quando i listini scendono, tramite la compravendita di titoli presi a prestito. A questo si aggiunge l’introduzione di un regime di “trasparenza rafforzata” per i 48 titoli a maggior capitalizzazione e ad azionariato diffuso, che prevede la comunicazione di variazioni sull’azionariato a partire dall’1% per le società più grandi e dal 3% per le Pmi, in luogo rispettivamente del 3 e del 5%. Provvedimenti contro le vendite allo scoperto sono stati adottati anche dalle Autorità finanziarie in Spagna, Francia e Belgio.
Nuova giornata difficile per i listini di Asia e Pacifico, ancora una volta legata agli effetti della diffusione del coronavirus. I listini orientali hanno scontato il calo delle esportazioni dalla Cina al Giappone, che in febbraio si sono dimezzate, bloccando di fatto le attività manifatturiere. Tokyo ha ceduto l’1,68%, Shanghai l’1,83% e Taiwan il 2,34%. Più pesanti Seul (-4,86%) e Sidney (-6,43%), legata al prezzo delle materie prime, che a parte l’oro e il minerale di fatto hanno segnato nuovamente il passo. Sotto pressione anche Hong Kong (-3,61%) e Mumbai (-3,94%), ancora aperte. Negativi i futures sull’Europa e su Wall Street, in attesa della bilancia commerciale italiana e dell’Ue e dei dati sulle nuove costruzioni di case negli Usa.