Eurogruppo: Gentiloni: “l’Unione Europea deve fare altri passi avanti”

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Oggi vertice in videoconferenza dell’Eurogruppo sulle misure per fronteggiare la crisi economica.

“Di fronte alla crisi più grave dopo la guerra, per i Paesi europei è il momento di fare un altro passo avanti nella risposta comune. Responsabilità e ambizione”. Così su twitter il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni poco prima dell’inizio della riunione in videoconferenza dell’Eurogruppo.

Tutti d’accordo a lanciare un piano Marshall europeo, ma non sugli aiuti da metterci dentro.  Alla vigilia dell’Eurogruppo chiamato a contrastare la crisi più profonda dalla Seconda guerra mondiale, l’Eurozona resta divisa tra chi, come Italia e Francia, vede nel debito possibilmente comune una risposta e chi invece, come Germania e Olanda, dietro i debiti vede solo nuovi rischi e preferisce aiuti individuali.

I ministri si troveranno quindi sul tavolo diverse opzioni, ma un accordo sembra lontano: Roma e Parigi sono disposte a far saltare il tavolo, come due settimane fa, se il partito del Mes non accoglierà le richieste di quello degli Eurobond. Se le distanze non si accorceranno entro 24 ore, e l’Europa avrà bisogno dei tempi supplementari, è probabile che anche il nuovo vertice Ue slitti a dopo Pasqua. Tanto per il momento l’Eurozona ha le spalle coperte dalla Bce: il programma di acquisti è partito anticipando la sua potenza, con sei miliardi al giorno, che significa 133 miliardi al mese contro gli 83 miliardi medi previsti.
Roma è pronta alla battaglia. “Il Mes è assolutamente inadeguato, gli Eurobond invece sono la soluzione, una risposta seria, efficace, adeguata all’emergenza”, dice il premier Giuseppe Conte assicurando un perfetto allineamento con Roberto Gualtieri: “Io sono convinto che la storia è con noi e vedremo alla fine la storia quale piega prenderà”. Le due settimane che i leader avevano dato all’Eurogruppo per mettere a punto un “solido” piano economico sono servite insomma a fare progressi su diversi fronti, ma non a superare lo scoglio più grande. Il pacchetto che i ministri discuteranno prevede al momento tre punti: l’utilizzo di un Mes alleggerito delle sue condizionalità più rigide e in grado di dare crediti per 240 miliardi di euro, un meccanismo da 100 miliardi per aiutare la cassa integrazione dei 27 Paesi Ue e un piano della Bei per far arrivare 200 miliardi alle imprese. In tutto sono 500 miliardi, appena un terzo dello stimolo necessario a far ripartire l’economia europea. I conti li fanno i commissari Gentiloni e Breton: la Germania ha messo in campo un piano da 356 miliardi (di nuove emissioni), cioè il 10% dei suo Pil. Se l’Ue dovesse fare altrettanto, servirebbero 1.500-1.600 miliardi.
Per arrivare a cifre simili serve qualcosa di più del pacchetto sul tavolo dell’Eurogruppo. Lo ha chiesto la Spagna nel weekend, l’Italia qualche giorno prima, la Francia insiste.
Gentiloni è tornato a chiederlo oggi: un forte stimolo di bilancio “dovrebbe avere contributi nazionali ma anche europei”, e “questo strumento comune deve essere messo in campo presto, non fra due anni”. Per questo Parigi alza il tiro e, dopo aver tentato una mediazione con Berlino appoggiando il Mes light, di fronte ad una Germania inamovibile sugli Eurobond minaccia di ritirare il suo sostegno. Ora anche la Francia vuole che una forma di debito comune sia da subito inserita nella risposta europea alla crisi. E non rimandata ad un secondo momento. Ma la Merkel tiene il punto: il Mes è lo strumento da usare, e le condizionalità non saranno un ostacolo perché ormai sono quasi tutti d’accordo a ridurle. Ma non ad azzerarle: il Nord è convinto che una forma di controllo su come verranno spesi gli aiuti sia necessaria, così come assicurare che il Paese gestisca i suoi conti in modo oculato. Anche se, assicura il ministro dell’Economia tedesco Olaf Scholz, “non ci sarà nessuna troika”.

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