Coronavirus, Italia: mentre lo Stato ci porta ad indebitarci c’è chi pensa ancora alla lira (VIDEO)

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Il possibile ritorno alla Lira continua ad essere un argomento attuale, ma spesso si omette di specificare quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi per l’economia italiana e il relativo impatto sui maggiori indicatori macroeconomici.

In Italia tutt’oggi si discute sul fatto che il ritorno alla Lira possa essere un’ancora di salvezza per il Bel Paese, facendolo tornare ad avere un’economia florida basata sull’industria e sulla produzione manifatturiera.

Gli esperti di Money.it hanno ipotizzato uno scenario, definendone dinamiche e conseguenze, partendo dall’ipotesi che non sia l’Italia ad uscire dall’Euro ma l’area Euro, minacciata da choc esterni e interni di grave intensità, a disgregarsi.

Data tale ipotesi si sviluppa lo studio con il fine di comprendere cosa accadrebbe in tale contesto, sorvolando su eventuali default a catena dei Paesi dell’area Euro.

I vantaggi del ritorno alla Lira

Moneta svalutata e inflazione gestibile
L’Italia esce dall’Euro e torna alla Lira in un contesto in cui l’Eurozona non esiste più. Il primo effetto è l’innalzamento dell’inflazione dovuto al ritorno di una moneta fortemente svalutata e di una crescita del PIL che nel medio periodo torna e in maniera più consistente rispetto ai dati attuali.

Questo perché, con il ritorno alla Lira svalutata a livelli congrui per l’economia, riparte l’industria che può così esportare molto più di quanto faccia adesso e tornare ad avere così un contributo positivo netto dalla domanda estera sulla bilancia commerciale italiana – dinamica che adesso, nonostante la svalutazione dell’Euro, non avviene.

È vero che si pagherebbe di più per i materiali di produzione, a causa della svalutazione della moneta, ma è vero anche che una classe dirigente capace potrebbe evitare il peggio liberalizzando il mercato, aumentando la concorrenza e alimentando l’abbassamento dei prezzi. Tornando alla moneta originaria, lo Stato può far leva sul tasso di cambio decidendo di svalutare e rivalutare la moneta a seconda delle necessità, cosa che ora non accade.

Salgono la produzione industriale e l’export
La produzione industriale ripartirebbe, causando non pochi problemi a chi invece ha beneficiato dell’Euro come la Germania, che ha preventivamente sussidiato le imprese avvantaggiandosi in un secondo momento e diventando così leader indiscussa delle esportazioni in Europa a scapito di Paesi come l’Italia, un tempo seconda in Europa per la sua produzione industriale.

Migliora la distribuzione dei salari
La bassa inflazione dovrebbe spingere la spesa dei consumatori, cosa vera nel breve ma non nel medio-lungo periodo. Con il ritorno alla Lira, i salari nominali crescono ma il potere d’acquisto scende (la moneta vale meno).

Mentre con l’ingresso dell’Euro le quote salariali sono tornate pari a quelle degli anni ‘60, nel periodo tra gli anni ‘70 e i ’90 più l’inflazione scendeva e più scendevano le quote dei salari, perché la moneta valeva di più e di conseguenza impattava sui salari mentre i prezzi salivano.

L’ingresso nell’Euro ha compromesso la distribuzione della ricchezza, una dinamica che, invece, non si verificava quando l’Italia poteva decidere indipendentemente la propria politica economica.

Aumenta l’occupazione
Lo Stato, se lasciato agire – con il presupposto di avere una buona classe dirigente – può contrastare il fenomeno inflattivo incidendo sui prezzi (nel breve questa è la parte “dolorosa” per l’economia, un aspetto che approfondiamo più avanti), o incentivando l’aumento dei salari o ancora facendo leva sulla produzione di moneta.

Rimanendo nell’ambito dell’occupazione, con la disgregazione dell’Euro dovrebbe beneficiare di un aumento. La Germania, con l’enorme surplus commerciale che ha, vedrà il Marco rivalutarsi mentre gli Stati vicini cominceranno a svalutare la moneta il più possibile per rilanciare, come detto prima, l’export.

Di conseguenza, aumenta l’export, aumenta la produttività, le aziende crescono e aumenta l’occupazione.

Gli svantaggi del ritorno alla Lira

Il problema del debito pubblico e dei tassi di interesse
Il debito pubblico con una buona gestione politica dovrebbe migliorare. L’inflazione fa in modo che la moneta valga di meno e che quindi il valore dei debiti si riduca.

Il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere per effetto dell’aumento delle esportazioni e dell’aumento della spesa interna delle fasce medio-alte di lavoratori. Lo Stato inoltre non avrebbe più le mani legate negli adattamenti di politica economica e potrebbe ridurre in parte la spesa pubblica a fronte di una minore imposizione fiscale sulle imprese, permettendo a quest’ultime di essere rilanciate innescando i meccanismi benefici descritti sopra.

Il problema vero è rappresentato dai tassi di interesse. Con una disgregazione dell’area Euro i tassi di interesse dell’Italia volerebbero, dato che è stato l’ingresso nell’Eurozona a permettere che si tenessero bassi, dando modo allo Stato italiano di potersi finanziare.

Il rapporto debito/PIL dovrebbe scendere per effetto dell’aumento delle esportazioni e dell’aumento della spesa interna delle fasce medio-alte di lavoratori. Lo Stato inoltre non avrebbe più le mani legate negli adattamenti di politica economica e potrebbe ridurre in parte la spesa pubblica a fronte di una minore imposizione fiscale sulle imprese, permettendo a quest’ultime di essere rilanciate innescando i meccanismi benefici descritti sopra.

Il problema vero è rappresentato dai tassi di interesse. Con una disgregazione dell’area Euro i tassi di interesse dell’Italia volerebbero, dato che è stato l’ingresso nell’Eurozona a permettere che si tenessero bassi, dando modo allo Stato italiano di potersi finanziare.

Lo Stato non riuscirebbe a finanziarsi e potrebbe avere problemi nel ripagare i tassi di interesse sul debito. Un elemento che potrebbe controbilanciare questo svantaggio, oltre a fare tutto ciò descritto prima, sarebbe l’attrazione di nuovi investimenti dall’estero.
Se l’Italia tornasse alla Lira, con uno scenario di moneta ipersvalutata descritto prima, è molto probabile che investitori esteri puntino all’Italia visti i vantaggi derivanti dalla Lira svalutata e dalla qualità della produzione.

Con l’aumentare degli investimenti, della spesa dei consumatori e del saldo della bilancia commerciale, lo Stato potrebbe fare a meno di spingere la spesa pubblica, concentrandosi a ripagare il debito pubblico. Purtroppo, nel breve potrebbe essere costretto ad alzare la tassazione sui consumi, almeno fino a quando non migliorano i tassi di interesse.

La necessità di una classe politica capace
Nel complesso, un ritorno alla Lira sembra vantaggioso anche se non indolore. Nel breve termine il caos generato dalla disgregazione dell’Euro renderebbe di difficile digestione il ritorno alle valute nazionali.

Alla base di uno scenario di uscita dalla moneta unica c’è quello di avere una classe dirigente che sappia affrontare il caos iniziale, mettendo a punto manovre di politica economica volte a cogliere l’opportunità del ritorno alla moneta nazionale. Alla luce di quanto fatto dalla classe politica negli ultimi 20-30 anni, resta difficile pensare che la classe dirigente italiana sappia gestire un’uscita dell’Italia dall’Euro.

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