Mentre l’evoluzione generale della malattia oncologica può essere prevista in base alle statistiche, il suo sviluppo nel singolo paziente deriva da fattori genetici ed eventi casuali specifici che ne definiscono la prognosi e le opzioni terapeutiche. Nella ricerca di biomarker-marcatori che ne possano predire più precocemente il decorso, l’analisi del genoma del tumore – la sede di tutta l’informazione che ne definisce le caratteristiche fisiologiche – finora si è dimostrata problematica a causa della difficoltà di ottenere tessuto tumorale per le analisi.
Grazie alla collaborazione tra l’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifc), l’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete oncologica (Ispro), l’Università di Pisa (Unipi), l’Università di Firenze (Unifi) e l’Azienda ospedaliero universitaria pisana (Aoup) è stato messo a punto un innovativo metodo per il monitoraggio di pazienti oncologici mediante sequenziamento di terza generazione. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Molecular Cancer.
“L’approccio adottato si basa sulla biopsia liquida: si parte da un prelievo di sangue per isolare il DNA circolante, un DNA molto danneggiato, caratterizzato da frammenti piccoli, derivante per lo più dalla morte delle cellule sane ma, nei pazienti oncologici, anche dalla morte delle cellule tumorali”, spiega Silvo Conticello del Cnr-Ifc e dell’Ispro, coordinatore dello studio.
“La frazione di quest’ultima componente è molto variabile e dipende dallo stato del tumore: limitata nei tumori primari e dopo la terapia, aumenta esponenzialmente in seguito allo sviluppo di metastasi. Nella nuova metodica, dopo aver purificato il DNA circolante dal plasma dei pazienti, si procede a sequenziarlo direttamente mediante tecnologia Nanopore”. Nel sequenziamento Nanopore i frammenti di DNA vengono spinti attraverso dei nano-pori su una membrana: il passaggio delle basi che compongono il DNA (Adenina, Citosina, Guanina, Timina) attraverso il poro induce un’alterazione del segnale elettrico che viene poi decodificato per ottenere la sequenza dei diversi frammenti. La sequenza dei frammenti permette di localizzarli sul genoma, l’insieme di tutta l’informazione genetica, e contarne il numero in ogni singolo punto.
“Calcolando il loro eccesso o difetto rispetto alla media, possiamo identificare le regioni del genoma dove sono presenti alterazioni nel numero di copie. Queste alterazioni sono associate allo sviluppo e alla progressione tumorale. L’essere in grado di profilare il tumore può dare indicazioni per il singolo paziente, in un’ottica di medicina personalizzata, per un’accurata classificazione dei tumori, poter scegliere la strategia terapeutica più adatta e per seguire il decorso della malattia nel tempo”, prosegue Conticello. “Il nostro approccio può rappresentare una soluzione a diversi problemi, grazie alla facilità della metodica, perché consente di ottenere risultati in poche ore e di ridurre i costi necessari per poter avviare un sequenziamento (un sequenziatore nanopore costa ~1.000 euro, il prezzo degli altri sequenziatori va dagli 80.000 euro in su)”.
“Utilizzando un protocollo semplificato, questa metodica permetterà finalmente di portare questo tipo di analisi nella pratica clinica e di poterla effettuare anche nelle strutture ospedaliere più piccole”, conferma Filippo Martignano di Ispro, che ha ideato lo studio, cui hanno partecipato le unità di ricerca di Alberto Magi di Unifi, Marzia Del Re di Unipi e Iacopo Petrini dell’Azienda Ospedaliero Universitaria pisana (Aoup). “Sarà inoltre possibile accedere all’informazione epigenetica: ossia quella serie di istruzioni che le cellule – incluso quelle tumorali – aggiungono all’informazione genetica, per esempio per attivare o disattivare parti del genoma. Quest’informazione, incrociata con quella relativa alle alterazioni cromosomiche, permetterà una caratterizzazione ancora più approfondita”.