RICHMOND (VA) – Oggi negli Stati Uniti si celebra il Presidents’ Day, festività nata per commemorare il compleanno di George Washington. Una ricorrenza che quest’anno cade in un momento cruciale, con la presidenza sull’orlo della crisi mentre ci muoviamo inesorabilmente verso una rivincita tra l’attuale presidente Joe Biden e il suo predecessore Donald Trump.
A giudicare dalla consueta classifica che viene pubblicata ogni anno in occasione del Presidents’Day, basata sullo studio di diversi storici, sembrerebbe che la maggior parte degli americani avrebbe preferito che le cose rimanessero così. Biden ha ottenuto il 14° posto in classifica, mentre Trump si è piazzato ultimo, addirittura dietro ad amministratori delegati storicamente disastrosi come James Buchanan e Andrew Johnson. Risulta chiaro in questa classifica riguardante tutti i presidenti della storia americana come il radicale allontanamento di Trump dalle norme politiche, istituzionali e legali abbia influenzato notevolmente le valutazioni.
I risultati complessivi della classifica rivelano stabilità ma anche cambiamenti nel modo in cui gli studiosi valutano la carica politica più importante degli Stati Uniti. I grandi presidenti sono stati tradizionalmente visti come coloro che hanno presieduto momenti di trasformazione nazionale, guidando il paese attraverso gravi crisi e ampliando l’istituzione della presidenza. Ovviamente altri fattori che influenzano regolarmente la classifica del Presidents’Day sono sicuramente le vittorie militari, la crescita economica, gli omicidi e gli scandali.
I presidenti in cima alla nostra classifica sono infatti coloro che hanno lasciato una impronta importante nella storia degli Stati uniti ed è per questo che ai piani alti troviamo mostri sacri come Abraham Lincoln, Franklin Delano Roosevelt e George Washington. Le classifiche che si sono susseguite negli anni mostrano anche che le valutazioni degli esperti sono guidate non solo dalle tradizionali nozioni di grandezza ma anche dai valori in evoluzione del nostro tempo.
Un esempio è il continuo calo di stima per due importanti presidenti, Andrew Jackson e Woodrow Wilson. La loro reputazione ha costantemente sofferto negli ultimi anni poiché la politica moderna ha portato gli studiosi a valutare sempre più duramente le loro presidenze dell’inizio del XIX e XX secolo, in particolare il loro trattamento inaccettabile nei confronti delle persone emarginate.
Inoltre questa classifica ha visto emergere una pronunciata dinamica partigiana, probabilmente in risposta alla presidenza Trump e a quel tipo di movimento che qui in America viene definito come “Trumpification” della politica presidenziale.
Il posizionamento di Biden tra le prime 15 posizioni rinvigorisce leggermente la posizione dell’attuale presidente, bersagliato da numerose critiche nelle ultime settimane, dovute principalmente alla sua età e allo scandalo familiare legato al figlio Hunter. Questi fattori a quanto pare non hanno avuto un reale peso specifico in questa classifica.
Probabilmente si tratta di un risultato dovuti dovuto principalmente al fatto che Biden abbia reintrodotto uno stile di leadership presidenziale più tradizionale rispetto a Trump. La classifica inoltre svela un altro dato significativo. Tutti i presidenti democratici contemporanei sono saliti di grado: Barack Obama (7°), Bill Clinton (12°) e Jimmy Carter (22°).
Al contrario, tutti i moderni presidenti repubblicani sono caduti nel sondaggio, compresi i rivoluzionari Ronald Reagan (16°) e George HW Bush (19°), che guidarono l’ultima decisiva vittoria militare della nazione. Se in parte questi risultati ci permettano di fare diverse teorie, dall’altra i giochi non sono ancora fatti e in vista delle prossime elezioni gli americani si trovano nella posizione storicamente rara di sapere come entrambi i candidati si sono comportati durante il loro incarico.