Le scelte ragionate dei cebi dai cornetti

La capacità di selezionare lo strumento adatto a risolvere un certo compito è considerata una fondamentale acquisizione nel corso dell’evoluzione umana. Ma uno studio condotto in Brasile, nella regione del Piauí, dai ricercatori dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma, ha dimostrato che i cebi, scimmie distanti dall’uomo 35 milioni di anni, sono in grado di scegliere il ‘martello’ più appropriato per rompere una noce. “In questo nuovo studio”, spiega Elisabetta Visalberghi, dirigente di ricerca dell’Istc-Cnr, che ha partecipato all’esperimento, “ogni scimmia doveva scegliere, tra due o tre sassi diversi, quale prendere e trasportare alla più vicina incudine, per rompere una noce troppo dura da aprire altrimenti”.
Inizialmente, i sassi proposti ai cebi erano loro familiari, simili a quelli già incontrati e usati molte volte nella loro vita. E difatti i cebi non sembravano aver dubbi: trasportavano i sassi resistenti e non quelli fragili, quelli grandi e pesanti e non quelli più piccoli e leggeri che certamente si sarebbero frantumati in mille pezzi nell’urto con la noce. “Che in queste situazioni, i cebi fossero in grado di cavarsela ce lo aspettavamo”, sostiene la Visalberghi, “ma ciò che è fantastico è che le nostre scimmie siano state capaci di scegliere il sasso ‘giusto’ anche quando abbiamo cambiato le carte in tavola e reso il problema ambiguo o addirittura contro-intuitivo”.
Per complicare il problema i ricercatori hanno costruito in laboratorio sassi in resina che hanno poi riempito con materiale più o meno pesante. I cebi, così, si sono trovati di fronte due sassi identici ma di peso differente e solo quello pesante avrebbe potuto rompere la noce. Ma guardando i due sassi, stessa forma e stesso colore, non era possibile sapere quale fosse quello ‘giusto’: il peso non si vede! “Eppure i cebi, già nelle primissime prove, hanno scelto il sasso giusto in base alla caratteristica funzionale critica (il peso) anche quando i due sassi erano identici per dimensione”, prosegue la primatologa. “I cebi talvolta toccavano per primo il sasso pesante (che prendevano e trasportavano subito all’incudine) ed altre volte quello leggero. La cosa interessante è che quando toccavano per primo il sasso leggero lo scartavano immediatamente e subito andavano ad esplorare l’altro sasso, che poi sceglievano per rompere la noce”.
In un’ulteriore condizione il sasso piccolo era pesante e quello grande leggero, una situazione contro-intuitiva, dato che in generale le dimensioni degli oggetti sono predittive del peso. Ma i cebi, superata la sorpresa iniziale, hanno capito immediatamente quale era il sasso giusto per l’uso che dovevano farne. “Ciò significa che queste scimmie sanno che un sasso per funzionare deve essere pesante e che la dimensione di per sé non è una caratteristica che ne garantisce la funzionalità”, dice Visalberghi. “E capire che tra dimensione e peso è quest’ultimo la caratteristica rilevante per un ‘martello’, non può essere frutto dell’esperienza fatta, visto che in natura peso e dimensioni tendono ad essere correlati”.
I ricercatori hanno potuto inoltre osservare un’innovazione comportamentale dei cebi, sviluppata nel corso dell’esperimento. “Di fronte ai nostri sassi artificiali”, spiega Elsa Addessi, ricercatrice dell’Istc-Cnr che ha collaborato alla ricerca, “i cebi hanno co-optato – diciamo riciclato – un comportamento che tipicamente usano per capire se una noce contiene il frutto e che consiste nel colpire delicatamente con la punta delle dita la superficie e ascoltare se ‘suona’ piena o vuota. Anche un sasso produce suoni diversi a seconda della densità e quindi del peso. Così facendo, i cebi capivano se il sasso era ‘pesante’ senza neanche doverlo sollevare”.
“Già altre ricerche sull’uso di strumenti avevano indicato che gli scimpanzé, la specie dal punto di vista evolutivo più vicina all’uomo, ed anche alcune specie di uccelli, come i corvi della Nuova Caledonia, sembrano scegliere lo strumento che possiede caratteristiche funzionali”, conclude Visalberghi. “Tuttavia, da nessuno di questi studi risulta chiaro se gli animali comprendano le caratteristiche necessarie allo strumento per essere funzionale, così come da noi dimostrato con i cebi”.

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