Famiglia, immigrati, rapporti tra uomini e donne sono le questioni poste all’attenzione di oltre 3.200 studenti delle scuole medie e superiori di Milano, Venezia, Lucca e Salerno dai ricercatori dell’Istituto di ricerca sulle popolazioni e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr), che hanno focalizzato due fasce di età: tra i 12 e i 13 anni e tra i 16 e i 18 anni, “quelle al limitare di due passaggi significativi, la fine della scuola e l’ingresso nell’età adulta”, come spiega Maura Misiti, la ricercatrice responsabile dell’indagine.
I dati – presentati oggi nel corso del Convegno ‘Il Cnr e la scuola’, organizzato presso la sede dell’Ente dal Dipartimento Identità culturali, diretto da Tullio Gregory – indicano il permanere tra le giovani generazioni di alcuni stereotipi, relativi alla identità di genere e al comportamento sessuale. “Se nel complesso delle risposte si profila un orientamento aperto rispetto ai costumi sessuali, e ragazzi e ragazze ritengono con una maggioranza di quasi i tre quarti degli intervistati che non sia necessario aspettare il matrimonio per avere rapporti completi”, precisa Maura Misiti, “si evidenzia come i picchi maggiori si raggiungano a Venezia (73%) e Milano (69%), mentre a Salerno si scende al 50%”.
Ancor più indicativo l’atteggiamento sessista è emerso davanti all’affermazione ‘l’infedeltà sessuale di una donna è molto più grave di quella dell’uomo, che per sua natura è cacciatore’. “Nel complesso gli studenti sono in disaccordo (62%), tuttavia più di un terzo del campione condivide questo doppio standard di giudizio. Inoltre, quest’opinione è molto differenziata dal genere: lo scarto tra le risposte di maschi e femmine è nettissimo, con i primi meno ‘sfavorevoli’ in un ordine che va dai 60 punti percentuali di Salerno ai 40 di Venezia”, commenta Misiti.
Diversità analoghe sono evidenti quando si parla di violenza di genere. “Le opinioni sull’affermazione per cui ‘molte donne in fatto di sesso vanno un po’ forzate, altrimenti non si sbloccherebbero’, cioè una sostanziale legittimazione o tolleranza verso comportamenti violenti ed aggressivi, indicano un disaccordo medio pari ad appena il 38%”, prosegue la ricercatrice. “Anche in questo caso i risultati variano soprattutto tra i due sessi: in media le ragazze esprimono un disaccordo pari al 54% e i ragazzi solo del 19%, il che significa la legittimazione delle ‘forzature’ da parte di ben 4 maschi su 5. Il disaccordo è molto più elevato tra i liceali (media 44,3%) di quanto non sia tra gli studenti degli istituti tecnici (35%) e professionali (28%)”.
Ai ragazzi delle superiori è stato poi chiesto un parere su famiglia e istituzione matrimoniale. “Il nostro target, seppure non abbia un’esperienza diretta di vita indipendente esprime idee ed atteggiamenti già elaborati ed espressi con molta sicurezza”, spiega Misiti. “Netta (49%) la preferenza verso la formula ‘sperimentale’, un periodo di convivenza precedente la formalizzazione, che però prevale a Venezia (55%), Lucca (51%) e Milano (47%), mentre a Salerno scende al 42%, a favore del matrimonio tout court, indicato come meta ultima dal 30% del campione complessivo. La convivenza non strettamente legata all’idea delle nozze è scelta dal 16% degli studenti, che però a Milano arriva al 21%”.
C’è infine un risultato che “indica una grave carenza informativa”, avverte la ricercatrice del Cnr, “imputabile anche ma non esclusivamente alla scuola e che pone una seria questione civile”, cioè l’incapacità di “valutare il fenomeno immigratorio, che appare esprimere anche una sostanziale indifferenza verso una questione che pure è tanto dibattuta”. Solo in due città (Venezia e Lucca) la quota di ragazzi in grado di stimare l’ordine di grandezza degli immigrati residenti nel nostro Paese ha superato il 20%, mentre tra le risposte errate la maggioranza (intorno al 50%) tende a sovradimensionare il fenomeno: in particolare questo avviene nelle due città più grandi, Milano e Venezia. I ‘non so’ espliciti vanno dal 21% di Venezia al 46% di Salerno e, curiosamente, sono dichiarati più dai ragazzi delle scuole superiori che da quelli delle medie.
Il focus del progetto – durato dal 2001 al 2007 – è il processo di formazione delle opinioni e della percezione dei fenomeni nel contesto delle trasformazioni sociali e demografiche contemporanee: “La scuola è l’ambiente primario in cui indagare a partire dagli studenti e dagli insegnanti, ma senza dimenticare i genitori”, conclude la Misiti. “L’obiettivo finale è di contribuire allo sviluppo della conoscenza e della consapevolezza dei problemi di popolazione, partendo dal presupposto che una migliore e più corretta conoscenza possa concorrere alla formazione di opinioni autonome, indipendenti dagli stereotipi, dall’influenza dei luoghi comuni e dall’enfatizzazione ideologica”.