Negli ultimi anni è emerso il ruolo fondamentale che ossitocina (Ot) e vasopressina (Avp) hanno nel regolare vari aspetti del comportamento sociale, suggerendo un loro possibile impiego in disturbi dello spettro autistico.
Una ricerca condotta dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano, in collaborazione con le università di Milano – Statale, Bicocca e Politecnico – dell’Insubria e quella giapponese di Tohoku, evidenzia che gli ormoni Ot e Avp mostrano un’elevata capacità di influire positivamente, su difetti sia di socialità sia di flessibilità cognitiva, in individui adulti, cioè termine dopo il completamento dello sviluppo del sistema nervoso.
Finanziato sul bando ‘Ricerca Medica’ della Fondazione Cariplo, lo studio è stato pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry, che ha dedicato la copertina alla ricerca.
“Per mettere a punto e validare un possibile approccio terapeutico per i disturbi dello spettro autistico, abbiamo condotto un’approfondita caratterizzazione di modelli murini (topi geneticamente modificati) privi del recettore dell’Ot nel sistema nervoso centrale”, dice Bice Chini dell’In-Cnr, coordinatrice della ricerca. “In mancanza di tale recettore, questi animali mostrano alterazioni della memoria sociale e ridotta flessibilità cognitiva, riproducendo quindi il nucleo centrale della sintomatologia autistica, che consiste in deficit delle interazioni sociali, anomalie della comunicazione, rigidità cognitiva e interessi ristretti”.
I dati dei ricercatori “hanno evidenziato che gli animali non familiarizzano con altri soggetti della stessa specie e, soprattutto, non sono in grado di distinguere un topolino già incontrato da uno nuovo”, spiega Mariaelvina Sala dell’Università Statale di Milano.
“Inoltre, presentano deficit molto caratteristici di flessibilità cognitiva: sono capaci di apprendere un compito in maniera molto efficiente, ma una volta appreso non sono in grado di abbandonarlo per acquisirne uno nuovo al cambiare delle condizioni ambientali, dimostrando una peculiare rigidità cognitiva. Abbiamo notato anche che gli animali sono più aggressivi e, se trattati con dosi normalmente inefficaci di agenti farmacologici convulsivanti, rispondono con crisi di tipo epilettico, manifestazioni queste frequentemente associate alla sintomatologia autistica, che indicano un aumento della loro eccitabilità cerebrale di base”.
Lo studio ha evidenziato che la somministrazione di Ot ed Avp è in grado di ripristinare tutti i deficit riscontrati anche in giovani animali adulti.
“Questa capacità è di grande rilevanza perché indica che il sistema Ot/Avp è altamente plastico e capace di modulare l’attività di processi cognitivi complessi anche dopo il completamento dello sviluppo del sistema nervoso”, prosegue Marco Parenti dell’università Bicocca di Milano. “I nostri dati indicano che tale capacità risiede nella proprietà dei due neuro peptidi di intervenire nei processi cellulari coinvolti nella definizione dello sviluppo in senso inibitorio o eccitatorio di determinate sinapsi e quindi nel determinare l’equilibrio eccitazione/inibizione neuronale,fondamentale per il corretto funzionamento del cervello”.
Un’ulteriore conferma dell’aumentata eccitabilità cerebrale è stata ottenuta dall’analisi delle registrazioni elettroencefalografiche degli animali, effettuata grazie a un software messo a punto dal Dipartimento di Bioingegneria del Politecnico di Milano.
“I risultati del nostro studio”, conclude Bice Chini, “sono importanti perché, dimostrando che deficit comportamentali e cognitivi legati a un’alterazione dell’eccitabilità neuronale in età evolutiva possono essere modulati in età adulta dai due Ot ed Avp, preludono a potenziali nuovi approcci terapeutici basati sull’uso di queste molecole”.