La sintesi della fosfina dagli elementi e la scoperta del composto mancante

Uno studio, pubblicato su Nature Communications, descrive una nuova sintesi della fosfina (PH3) a partire dagli elementi in condizioni di alta pressione e alta temperatura in assenza di catalizzatori. Lo studio dimostra inoltre che, a pressione ancora più alta e a temperatura ambiente, PH3 e idrogeno molecolare (H2) formano un composto cristallino di formula (PH3)2H2, che non era mai stato osservato fino ad ora per nessuno degli elementi del gruppo 15 della tavola periodica

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La tavola periodica degli elementi di Mendeleev ha ancora qualcosa da svelare quando il comportamento della materia viene studiato in condizioni estreme di pressione e temperatura. Ad esempio, mentre a pressione ambiente il comportamento di carbonio, azoto e ossigeno (C, N e O, primi elementi dei gruppi 14, 15 e 16) differisce molto da quello di silicio, fosforo e zolfo (Si, P e S, elementi corrispondenti al periodo successivo dello stesso gruppo), sia per gli stati fondamentali che per la loro reattività, ad alta pressione queste differenze tendono ad assottigliarsi, mettendo in evidenza comportamenti simili all’interno del gruppo.
Ad esempio, la sintesi catalitica dell’ammoniaca (NH3) a partire da azoto (N2) e idrogeno (H2), alla base del processo di Haber-Bosch, è una delle reazioni più importanti per l’umanità, avendo permesso la produzione dei fertilizzanti a partire dall’azoto atmosferico. Tuttavia, nonostante fosse stata ricercata a lungo, finora non era mai stata osservata una reazione analoga del fosforo (l’elemento successivo all’azoto all’interno del gruppo 15) con l’idrogeno (H2), che portasse alla formazione di fosfina (PH3).
Utilizzando diffrazione di raggi-X (XRD) con luce di sincrotrone presso la linea ID27 della European synchrotron radiation facility (Esrf, Grenoble, France) e spettroscopia vibrazionale infrarossa e Raman presso lo European laboratory for non-linear spectroscopy (Lens, Sesto Fiorentino), ricercatori dell’Istituto di chimica dei composti organometallici del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Cnr-Iccom), del Lens, del Dipartimento di chimica dell’Università di Firenze e di Esrf hanno dimostrato per la prima volta che fosforo nero e idrogeno molecolare reagiscono direttamente formando fosfina (PH3) in condizioni di alta pressione e alta temperatura in assenza di catalizzatori, individuando un nuovo percorso di reazione per la sintesi di fosfina a partire dagli elementi analogo a quello dell’ammoniaca.
Allo stesso modo un’intera classe di composti, chiamati composti di van der Waals (vdW), costituiti da molecole di H2 e da un idruro di un elemento non-metallico appartenente ai gruppi 14-17 è nota ad alta pressione, con l’eccezione del composto contenente un idruro di un elemento del gruppo 15, che rappresenta al momento il tassello mancante del puzzle.
Gli autori dello studio, pubblicato su Nature Communications, hanno scoperto che a pressione ancora più alta (3.5-4.1 GPa) e a temperatura ambiente PH3 e H2 formano un composto di van der Waals cristallino di formula (PH3)2H2, che non era mai stato osservato fino ad ora per nessuno degli elementi del gruppo 15 e che rappresenta quindi il tassello mancante nella tavola periodica per quanto riguarda la capacità degli elementi non metallici di formare questo tipo di composti. Gli aspetti rilevanti dei risultati di questo studio sono molteplici e spaziano dalla chimica fondamentale degli elementi e dalla teoria del legame in condizioni di alta pressione, alla sintesi di materiali ad alto contenuto di idrogeno di interesse energetico e di materiali superconduttori ad alta temperatura, fino a riguardare problematiche di carattere astrochimico, legate alla presenza di PH3 e H2 in ambienti extraterrestri come Giove, Saturno e le loro lune, e alla recente ipotesi della presenza di vita su Venere, avanzata in base al rilevamento di livelli apparentemente anomali di PH3 nelle nubi del pianeta.

“Per eseguire questo esperimento, un piccolo cristallo di fosforo nero di elevata purezza, sintetizzato presso i nostri laboratori, è stato caricato insieme ad idrogeno fluido in uno strumento per la generazione della pressione chiamato cella ad incudine di diamante (DAC, Diamond Anvil Cell)”, spiega Matteo Ceppatelli, autore dell’articolo, ricercatore di Cnr-Iccom e membro dello staff del Lens, “Successivamente il campione è stato portato alla pressione di 1.2 GPa (circa 12000 volte la pressione atmosferica) e scaldato a temperature di poco inferiori a 1000 K (727 °C) usando una radiazione laser nell’infrarosso, fino ad osservare reattività chimica”.

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