Il pomeriggio di Cagliari è quello che tutti i milanisti si meritavano da mesi, anzi da anni. Non è per la vittoria, non è per il gol di Ibra, non è per una classifica che torna ad essere guardabile, ma per le emozioni provate e l’orgoglio ritrovato. Il brivido che ci ha percorso la schiena nel momento della stoccata vincente dello svedese su assist di Hernandez non lo provavamo da tempo. A Cagliari il Milan è tornato ad essere una squadra credibile, con giocatori che hanno vissuto una vera metamorfosi e con un grande condottiero. Sono bastati 90 minuti di Ibra per dare alla stagione un sapore diverso. Per ridare entusiasmo ai tifosi e fiducia all’ambiente. C’era chi sosteneva che fosse vecchio, finito, non in grado di reggere 90 minuti. E invece Ibra dopo neanche una settimana di lavoro ha guidato il Milan alla vittoria per 96 minuti. E lo ha fatto con naturalezza.
Il Milan a Cagliari ha vinto da grande squadra, soffrendo pochissimo. Allo svedese sono bastati pochissimi giorni di Milan per decidere addirittura la miglior formazione e per guidarla alla vittoria. In una settimana, come prevedevamo, Ibra si è calato nella parte dell’allenatore, del capitano e del bomber. Non solo, con le sue “scelte” lo svedese si è sostituito anche ai dirigenti determinando di fatto i giocatori che dovranno essere ceduti tra il mercato di gennaio e quello di giugno. Tra questi in prima linea c’è ovviamente Piatek, nonostante le doverose smentite di Pioli. Già Pioli, parliamoci chiaro, il tecnico rossonero è destinato a fare il “vice” di Ibra da qui fino a fine anno.Non è proprio da Milan pensare che un giocatore si debba sostituire ai dirigenti e all’allenatore, ma con il Milan in queste condizioni ben venga. Accettiamo tutto. Anche questo.
A Cagliari Ibrahimovic ha ricordato a tutto il mondo rossonero come si vincono le partite. E lo ha fatto in tutto e per tutto: respingendo di testa i calci d’angolo battuti dal Cagliari, scendendo a centrocampo per fare il regista, prendendo falli per far respirare la squadra, imponendo la sua mole fisica su tutti i contrasti aerei, lanciando i compagni negli spazi, facendosi marcare da 2/3 avversari alla volta e naturalmente segnando addirittura due gol (uno annullato per fuorigioco). Ma l’immagine che più mi è rimasta impresso di Ibra è quella dei primi 5 secondi di gioco. Palla lunga e sulla trequarti Ibra va a contrasto con un avversario: lo svedese entra durissimo rischiando il cartellino e il giocatore del Cagliari finisce KO. Il gesto non è “politicamente corretto”, ma il messaggio è chiaro: “Adesso ci sono io e la musica è cambiata. Se volete marcarmi, sarà una brutta giornata per voi”. Puro Ibra. Quasi intimidatorio. La differenza con l’Ibra di qualche anno fa? In un’altra epoca lo svedese se ne sarebbe andato quasi fiero di “averne steso” uno. Invece in questa nuova versione “matura” lo abbiamo visto soccorrere sportivamente l’avversario. Ci mancava tanto uno così. Ci mancava tanto uno che tornasse a rispettare e a far rispettare i colori rossoneri.