Traffico di stupefacenti, detenzione d’armi, sequestri di persona, incendi dolosi a scopo intimidatorio e addirittura una violenza sessuale ordinata a scopo punitivo: è interminabile la lista di reati ascritti ai 32 uomini arrestati dalla Direzione investigativa antimafia con l’accusa di appartenere a un sodalizio mafioso con ramificazioni in tutta la Sicilia, oltre che a Parma e nella calabrese Vibo Valentia.
L’organizzazione criminale, dotata di un potente gruppo di fuoco, si dedicava ad organizzare e piazzare sul mercato enormi quantitativi di droga. Al vertice c’era Antonio Massimino, scarcerato nel 2015 e da allora considerato il reggente della famiglia mafiosa di Agrigento: il controllo che esercitava sul territorio era impressionante. A lui si rivolgevano non solo uomini d’onore, ma anche imprenditori e commercianti per la mediazione dei conflitti: uno di questi ultimi gli avrebbe perfino chiesto l’autorizzazione a commettere un omicidio, mentre agli atti è finita anche la violenza sessuale ordinata ai danni della compagnia di un uomo colpevole di aver rifilato un assegnp scpèertp a un commerciante d’auto.