Melanoma, terapie mirate dal confronto tra tumore e metastasi

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‘Braf/Nras Mutation frequencies among primary tumors and metastases in patients with melanoma’, condotto dall’Istituto di chimica biomolecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Icb-Cnr) di Sassari e pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, è il primo studio a livello internazionale in cui viene attuato un confronto tra tumore primario e metastasi degli stessi pazienti affetti da melanoma.

“Il confronto è mirato alla corretta classificazione del paziente”, spiega Giuseppe Palmieri dell’Icb-Cnr di Sassari. “Attualmente per il melanoma metastatico avanzato esiste una terapia antitumorale, il cui principale farmaco risulta però estremamente efficace solo nei pazienti portatori di mutazioni nel gene Braf che, con Nras, è una delle due proteine le cui alterazioni molecolari sono coinvolte nella patogenesi del melanoma maligno. Nel momento in cui la terapia si concentra sui bersagli molecolari, diventa quindi essenziale accertare se un paziente è Braf-mutato o Braf-normale e se presenti lo stesso assetto mutazionale nelle metastasi a distanza”.

Il test mutazionale attualmente riconosciuto, però, è solo quello effettuato sul tumore primitivo. “Con il nostro lavoro abbiamo cercato di capire se vi sono differenze tra l’assetto molecolare del melanoma primitivo e quello delle metastasi”, continua il ricercatore. “Braf e Nras si presentano come tanti interruttori che si accendono e spengono sulla base degli impulsi ricevuti, inducendo o meno la proliferazione cellulare. La presenza di mutazioni nei due geni determina un’attivazione permanente, come se gli interruttori fossero sempre accesi, rendendoli insensibili ai meccanismi di controllo della proliferazione”.

Dall’indagine dell’Icb-Cnr emerge che le metastasi linfonodali e viscerali (polmone, fegato, ecc.) presentano lo stesso assetto mutazionale in più del 90% dei casi, le metastasi cerebrali nell’80% circa e quelle sottocutanee nel 75% circa, la minore concordanza rilevata. “Pertanto la concordanza, ancorché elevata, non è mai totale”, aggiunge Palmieri. “Aver identificato un sottogruppo di pazienti con assetto molecolare della metastasi inaspettatamente diverso da quello del tumore primitivo, ovvero con mutazioni nel tumore primitivo e non nel secondario o con nuove mutazioni e maggiore ‘malignità’ nel secondario, è importante dal punto di vista biologico. Questo indizio mette ulteriormente in discussione, anche se in una limitata frazione dei casi, l’origine clonale dei tumori, secondo cui la neoplasia deriva da un’unica cellula che poi subisce mutazioni e alterazioni molecolari sequenziali”.

Al fine di una completa classificazione del paziente da indirizzare alla terapia biologica mirata appare di conseguenza necessaria l’analisi mutazionale anche nelle lesioni a distanza, non ancora prevista. “Le attuali linee guida per il paziente con melanoma – basate sulla determinazione di mutazioni nel gene Braf, in quanto oggi esiste una terapia specifica solo per le cellule con Braf mutato – prendono in considerazione esclusivamente la classificazione molecolare del tumore primitivo, non delle metastasi”, conclude il ricercatore Icb-Cnr. “I risultati di questo studio potrebbero portare a un ampliamento delle linee guida includendo l’indicazione di effettuare biopsie multiple anche delle metastasi, con possibilità di estendere tale approccio ad altre patologie tumorali. In questo modo, per ogni singola neoplasia maligna, si potrebbe comprendere non solo il comportamento biologico durante la progressione neoplastica ma anche le strategie terapeutiche per i diversi sottogruppi di pazienti”.

Il lavoro ha coinvolto, con l’Icb-Cnr e l’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari, diverse istituzioni che lavorano sul melanoma: Istituto nazionale tumori fondazione Pascale, Università Federico II e Ospedale Cardarelli di Napoli, Università di Firenze, Azienda ospedaliero universitaria di Siena, Istituto dermopatico dell’Immacolata di Roma.

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