Né 2D, né 3D, la nuova tecnologia starà nel mezzo

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Londra – Nè 2D nè 3D: i materiali tecnologici del futuro sarebbero una via di mezzo fra quelli bidimensionali (come il grafene) e quelli tridimensionali (come il ‘vecchio’ silicio). È la scoperta di un gruppo di ricercatori sperimentali e teorici di due Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto officina dei materiali (Iom-Cnr) e Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi (Spin-Cnr)Università di Princeton e Università di Hiroshima alle prese con i Tmd (Transition metal dichalcogenides), una categoria di metalli che sta attirando l’attenzione della comunità scientifica per le sue straordinarie proprietà. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, si è svolto nel centro di ricerca Elettra Sincrotrone Trieste, in Area Science Park.

“Fra le caratteristiche dei Tmd spiccano la grande versatilità, la possibilità di essere ‘esfoliati’ e ridotti a pochi milionesimi di millimetro, proprio come il grafene, e un’eccezionale magnetoresistenza, ovvero la capacità già sfruttata in ambito tecnologico di variare la resistenza al passaggio della corrente elettrica in funzione del campo magnetico”, spiega la ricercatrice Iom-Cnr Ivana Vobornik. “A dispetto del loro grande potenziale, però, i Tmd sono stati sempre assimilati ad altri sistemi perfettamente bidimensionali e mai analizzati in modo specifico: il nostro lavoro è il primo in questa direzione”.

Il gruppo di ricerca ha utilizzato la luce di sincrotrone di Elettra per analizzare il ditellurio di tungsteno: un Tmd che mostra una magnetoresistenza ‘titanica’, fino a milioni di volte superiore a quella già ‘gigantesca’ mostrata dai materiali impiegati oggi negli hard disk dei computer (nel 2007 la scoperta della magnetoresistenza gigante valse il Nobel ai fisici P. Grünberg e A. Fert). Le analisi dei ricercatori si sono concentrate sulla struttura elettronica di questo materiale e, unite ai dati teorici, hanno dimostrato che la natura del ditellurio di tungsteno non è perfettamente bidimensionale.

“I suoi strati, infatti, non sono fra loro indipendenti, ma mostrano un certo grado di interazione che è alla base delle sue particolari proprietà. Abbiamo evidenziato che le caratteristiche del ditellurio di tungsteno, prima fra tutte la sua magnetoresistenza titanica, si possono giustificare solo considerando almeno tre strati atomici”, conclude Vobornik. “Il prossimo passo sarà quello di estendere le analisi per verificare se questa natura, a metà fra 2D e 3D, sia una caratteristica generale dei Tmd e di altri materiali su cui la ricerca scientifica sta oggi investendo. Senza tenerne conto, si potrebbe incorrere in errori molto costosi”.

Martina Lapenna

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