Se l’olivicoltura toscana vuole avere ancora un futuro dovrà saper coniugare la tradizione e il paesaggio con una maggiore produttività (oltre 5 q.li/ha negli oliveti tradizionali e oltre 8 q.li/ha negli oliveti specializzati), mantenendo inalterate qualità e identità del prodotto. Esistono molteplici olivicolture toscane e molteplici modelli che consentono la riduzione dei costi di produzione, che rappresenta il vero tallone d’Achille del settore. E’ quanto è emerso oggi a Cerbaia (Scandicci, Firenze), presso la sede dell’Ota (Olivicoltori toscani associati), in occasione del convegno regionale “L’olivicoltura toscana: come cambia il modello produttivo”, organizzato da Arsia-Regione Toscana in collaborazione con Ota, per la presentazione dei risultati del progetto di ricerca MATEO (Modelli tecnici ed economici per la riduzione dei costi nelle realtà olivicole della Toscana) che nel corso di un quadriennio ha affrontato il problema dei costi di produzione per l’olivicoltura toscana. I risultati del progetto – che ha coinvolto 20 aziende olivicole su tutto il territorio regionale – hanno portato a diversi modelli per realtà molto diverse fra di loro e a molteplici strategie di rilancio: il rinnovamento degli impianti privilegiando le varietà toscane (leccino e frantoio); una meccanizzazione ad hoc per le diverse realtà produttive; una progettazione e gestione dell’oliveto con un monitoraggio costante sulla sostenibilità economica e ambientale.
L’olivicoltura toscana può contare su 97mila ettari (80% in collina), oltre 15milioni di piante, 50mila aziende olivicole, più di 400 frantoi, 180mila quintali annui di olio prodotti e oltre 70 varietà locali. Le aziende hanno una dimensione media di meno di 2 ettari, ben il 66% delle aziende ha infatti uliveti inferiori a 5 ettari ed una produzione di olio a pianta di circa 1,1 kg. Da tenere sotto controllo è l’andamento dei prezzi: nell’ultimo anno (dal luglio 2008 al luglio 2009, fonte Ismea) il prezzo dell’olio d’oliva Dop Chianti Classico è diminuito del 4,91%; l’Igp Toscano (che rappresenta il 15% della produzione regionale) del 31,53% e l’extravergine sfuso del 14,93%. 3 le Dop toscane (Chianti Classico, Terre di Siena e Lucca) e 1 Igp (Toscano).
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Il progetto Mateo (costo di 180mila con finanziamento Arsia per 135mila euro) si è occupato di proporre modelli organizzativi di gestione dell’oliveto, con particolare riguardo alle operazioni di potatura e di raccolta, introducendo innovazioni relative alla meccanizzazione in aziende diverse per tipologia di impianto olivicolo, territorio, e capacità economica di investimento. Fra i risultati anche quello di favorire azioni di formazione e divulgazione ai produttori delle tecnologie e strategie tecniche a disposizione, compensazione della differenza di reddito nel mantenimento. Inoltre sarà necessario compensare la differenza di reddito nel mantenimento dell’olivicoltura marginale, rivalutandone anche il ruolo produttivo e la relativa filiera corta tipica.
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