Contenti di pagare le tasse?

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Washington – Per ridurre le sue tasse la scrittrice britannica J.K. Rowling avrebbe potuto stabilire residenza in Irlanda, Monaco o Belize. Ecco cosa le avevano consigliato i suoi legali. La Rowling, come si sa, è la notissima scrittrice della serie di Harry Potter. Il successo dei libri ed anche dei film della saga potteriana la hanno fatto ricca ma lei ha deciso di rimanere in Gran Bretagna e pagare molte più tasse.
In un articolo scritto per il London Times la Rowland ha spiegato che lei si sente britannica e prova il dovere di pagare le tasse come tutti i cittadini. Inoltre vuole che i suoi figli crescano nel suo Paese di nascita e si considerino anche loro britannici.
Si capisce che l’ultraricca Rowland può permettersi il “lusso” di pagare un sacco di tasse perché dopotutto non le farà mancare il pane a lei né alla sua famiglia.
Altri però nella sua condizione avrebbero fatto un’altra scelta come spesso si sente di persone famose e ricche che cercano metodi non sempre “puliti” per ridurre i loro doveri verso il fisco.
Questi doveri si traducono in benefici ai meno fortunati. La Rowland ne sa qualcosa. Nel suo articolo ricorda che prima di pubblicare il primo libro della serie Harry Potter lei aveva attraversato un periodo di crisi economica. Da madre single aveva persino ricevuto sussidi del welfare britannico. Ricorda molto bene quei giorni e si rende conto che adesso le sue tasse possono rendere beneficio ad altri che sfortunatamente si possono trovare in situazioni simili.
Molti altri però credono che tutti i soldi che riescono a guadagnare appartengano a loro stessi e sono dovuti al loro talento. Dimenticano ovviamente che la loro fortuna è stata possibile essendo parte di un Paese ed una società con strutture che offrono opportunità per progredire. Pagare una parte dei loro guadagni è dunque una responsabilità civica.
Ma quando si tratta di tasse poche persone possono affermare che sono troppo basse o almeno adeguate. Pagare le tasse vuol dire che il governo poi spreca i fondi in metodi che il cittadino non approva. Quelli di sinistra non vogliono che le loro tasse vadano per spese militari e quelli di destra obiettano alle spese sociali perché portano benefici ai fannulloni.
Pochi sono dunque a non lamentarsi di pagare troppe tasse. Uno di questi è William Buffett, l’uomo più ricco del mondo secondo il ranking della rivista Forbes di due anni fa. Buffett aveva dichiarato di pagare tasse equivalenti al 17% del suo reddito. La sua segretaria invece, come lui ha ammesso, pagava il 30%.
Nonostante il mito che le tasse siano troppo alte negli Usa, la maggioranza degli americani paga di meno in comparazione ai cittadini dei Paesi industrializzati europei. Nel 2009 il 47% degli americani, infatti, non ha pagato nemmeno una lira alla IRS, il fisco statunitense. Come ha scritto Gail Collins del New York Times in un recente articolo, il programma di stimolo di Obama ha offerto abbastanza crediti alle famiglie che le coppie con due figli e un reddito lordo di 50.000 dollari non hanno pagato tasse federali.
In effetti, i benestanti e la classe media alta pagano la maggior parte delle tasse. Ma sono queste persone che oltre a produrre ricevono grossi benefici perché mediante il loro talento, i loro sforzi e naturalmente la loro fortuna, portano a casa stipendi più che sufficienti.
Pagare le tasse dovrebbe essere dunque un distintivo di onore, un gesto patriottico.
Ma nel sistema capitalistico dove si crede che uno compra quello che vuole con i propri soldi l’idea di pagare una percentuale dei frutti della sua iniziativa non rappresenta la “giustizia”.
La giustizia è sempre riflessa nella riduzione della tasse perché il governo è sprecone. Aumentare le tasse dunque anche in periodi di vacche magre per i governi, data la crisi economica, risulta quasi impossibile e si traduce in una sicura sconfitta per un candidato politico che propone l’idea.
La destra è riuscita a demonizzare la sola menzione di aumentare le tasse. In alcuni posti, come la California, gli aumenti sono quasi impossibili perché richiedono i voti favorevoli di due terzi dei parlamentari e senatori statali. Altri tre Stati americani seguono questa linea anti-democratica nella quale la semplice maggioranza non può aumentare le tasse.
Un mio amico repubblicano è stato licenziato recentemente. Dovrà fare uso della cassa di integrazione che gli provvederà il 60% del suo stipendio per un breve periodo prima di trovare un altro lavoro. Il mio amico si sentiva imbarazzato di dovere fare uso di questo servizio governativo. Gli ho spiegato che ne aveva tutti i diritti perché lui aveva contribuito mediante le trattenute che hanno creato un’assicurazione per fare fronte a queste situazioni.
A nessuno piace pagare le tasse ma bisogna riconoscere che questi soldi dati al governo permettono a tutti noi di vivere in una società civilizzata ed offrono anche il minimo per sopravvivere a quelli meno fortunati. Ognuno di noi potrebbe fare parte di quelli meno fortunati.

Domenico Maceri

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