Emilia Romagna, vince Bonaccini con il 51,4 % dei voti

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Le elezioni regionali in Emilia-Romagna sono state vinte dal candidato del centrosinistra Stefano Bonaccini, presidente uscente della regione. Bonaccini ha ottenuto il 51,42 per cento dei voti. La sua principale avversaria, la senatrice della Lega Lucia Borgonzoni, si è fermata al 43,63 per cento. Hanno votato molte più persone rispetto al 2014: quasi il 68 per cento degli aventi diritto contro il 38 per cento.

Il Partito Democratico è tornato a essere il primo partito dell’Emilia-Romagna, ottenendo il 34,6 per cento dei voti, dopo che alle elezioni europee dell’anno scorso era stato battuto dalla Lega e alle politiche del 2018 dal Movimento 5 Stelle. L’intera coalizione di centrosinistra è arrivata al 48,1 per cento, mentre il centrodestra ha ottenuto il 45,4. In Emilia-Romagna c’è il voto disgiunto, dunque una piccola ma buona percentuale di votanti ha scelto Bonaccini come candidato presidente pur votando per una lista diversa da quelle della coalizione che lo sosteneva. La Lega ha ottenuto il 31,9 per cento dei voti.

Il leader della Lega Matteo Salvini era stato presentissimo in campagna elettorale, oscurando spesso la stessa Borgonzoni e facendo del voto in Emilia-Romagna un test nazionale per il governo Conte. Anche per questo, nel discorso dopo la vittoria, Bonaccini ha detto: «Questa terra libera e grande ha decretato la prima, vera sconfitta di Matteo Salvini». Bonaccini ha dato il merito della vittoria all’aver «recuperato» molte persone che in passato non avevano votato e ha criticato Salvini per essere stato il protagonista della campagna elettorale al posto di Lucia Borgonzoni. Borgonzoni ha riconosciuto la sconfitta parlando come Salvini di un «risultato storico», perché «per la prima volta la regione è stata contendibile». Storicamente l’Emilia-Romagna è stata sempre governata dal centrosinistra, ma negli ultimi anni il consenso verso il Partito Democratico si era molto indebolito – come accaduto in altre delle cosiddette “regioni rosse” – a vantaggio del centrodestra e della Lega.

Nelle singole province il risultato di Bonaccini comunque è variato molto: ha ottenuto più voti di Borgonzoni nelle province di Reggio Emilia, Modena, Bologna (le tre più popolose), Ravenna e Forlì Cesena; meno in provincia di Piacenza, Parma (pur avendo ottenuto la maggioranza nel capoluogo), Ferrara e Rimini. Nel comune di Bibbiano, di cui la Lega aveva molto parlato in campagna elettorale, Bonaccini ha preso il 56,7 per cento dei voti. Nei capoluoghi emiliani Bonaccini è arrivato vicino o ha superato il 60 per cento.

Il candidato del Movimento 5 Stelle Simone Benini ha preso poco più del 3 per cento dei voti e non entrerà nemmeno in consiglio regionale, perché non ha preso abbastanza voti nella sua circoscrizione. Il risultato riflette il grande momento di difficoltà del partito, con milioni di voti persi in tutta Italia negli ultimi due anni e con gli iscritti che hanno deciso di partecipare a queste elezioni regionali contro il parere del capo politico Luigi Di Maio, che si è poi dimesso tre giorni prima del voto.

Gli ultimi sondaggi prima della pausa elettorale avevano dato Bonaccini e Borgonzoni molto vicini tra loro, e in tanti si aspettavano che l’elezione sarebbe stata decisa da una ridotta differenza di voti. La legge elettorale regionale prevede un premio di maggioranza per le liste collegate al candidato presidente che ottiene più voti.

Il PD e la sinistra sono storicamente molto forti nella regione, una delle più ricche e meglio amministrate del paese, ma negli ultimi anni si sono spesso trovati in difficoltà nel mantenere i loro consensi. Alle elezioni del novembre 2014, per esempio, l’attuale presidente Bonaccini fu eletto con un’affluenza bassissima (appena il 38 per cento degli aventi diritto) e con una percentuale inferiore rispetto a quelle che ottenevano i suoi predecessori (49 per cento): il centrodestra non era competitivo (la vittoria di Bonaccini non fu mai in discussione) e forse anche per questo molti elettori del centrosinistra non trovarono grandi ragioni per andare a votare. Negli ultimi cinque anni la situazione per il centrosinistra era ulteriormente peggiorata.

Il segretario del PD Nicola Zingaretti, quando ancora c’erano solo le proiezioni, ha commentato il risultato del voto ringraziando il movimento delle Sardine e ha detto che Matteo Salvini, leader della Lega, «ha perso le elezioni».

Bonaccini ha 53 anni e fa parte del Partito Democratico dal 2007. Nel 2010 fu eletto consigliere regionale e presidente della regione nel 2014. Alle primarie del Partito Democratico del 2012 sostenne Pier Luigi Bersani contro Matteo Renzi, ma l’anno successivo divenne sostenitore di Renzi. La sua campagna elettorale è stata molto personale: sui manifesti elettorali non c’era il simbolo del PD e tutte le scritte erano in verde, il tradizionale colore della Lega. Bonaccini ha puntato molto sulla sua immagine di amministratore capace e competente accusando Borgonzoni di essere soltanto un paravento di Matteo Salvini. Uno degli slogan che ha più utilizzato è stato: «Dopo il 26 gennaio Salvini se ne andrà, ma Borgonzoni rimarrà in regione».

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