Turchia, oltre 750 arresti per il golpe fallito nel 2016

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Nuove maxi-retate in Turchia contro sospetti affiliati alla rete di Fethullah Gulen, che Ankara accusa di aver orchestrato il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016. Diverse procure in tutto il Paese hanno emesso almeno 766 mandati d’arresto. Le operazioni, riferisce Anadolu, riguardano supposti infiltrati nell’esercito, nelle forze di polizia e nel ministero della Giustizia.

L’operazione principale è coordinata dai magistrati della capitale Ankara e prende di mira 467 persone accusate di aver truccato negli esami del 2009 per gli agenti di polizia, che permettevano l’accesso alla posizione di vice-commissario. Le domande sarebbero state rese note in anticipo per favorire l’infiltrazione tra i vertici della polizia di agenti legati a Gulen. Blitz per cercare di arrestare i sospetti sono in corso in 67 province. Altri raid vengono condotti in tutto il Paese, da Smirne sulla costa egea ad Adana su quella mediterranea. Tra i ricercati ci sono anche decine di militari tuttora in servizio.

Dal fallito putsch, decine di migliaia di persone sono state arrestate e oltre 140 mila licenziate o sospese dalle pubbliche amministrazioni nelle più grandi purghe della storia contemporanea della Turchia.

Intanto oggi si tiene una nuova udienza a Istanbul nel processo contro alcune delle figure di maggior spicco delle proteste di Gezi Park del 2013. Secondo la requisitoria presentata al tribunale di Silivri, la procura chiederà l’ergastolo aggravato – una sorta di 41 bis – per il noto imprenditore e filantropo turco Osman Kavala, in detenzione preventiva da oltre due anni con l’accusa di aver tentato di rovesciare il governo di Recep Tayyip Erdogan finanziando le manifestazioni di piazza. L’accusa intende chiedere l’ergastolo anche per altri 2 dei 16 imputati complessivi tra accademici, giornalisti, artisti e imprenditori, mentre sei di loro rischiano pene tra 15 e 20 anni. Per gli altri sette, processati in contumacia, è stato chiesto lo stralcio della posizione. Il processo è fortemente criticato da ong internazionali come Amnesty International e Human Rights Watch. Si annunciano manifestazioni di protesta davanti al tribunale.

Nell’ultima udienza, venti giorni fa, il tribunale aveva respinto per la seconda volta la richiesta di rilascio di Kavala, unico detenuto tra gli imputati, la cui liberazione era stata sollecitata anche dalla Corte europea dei diritti umani. Erdogan lo ha più volte attaccato personalmente, sostenendo che avrebbe legami con il “noto ebreo ungherese Soros”. Pochi giorni fa è giunta invece l’assoluzione in un altro processo contro una dissidente di spicco, la scrittrice Asli Erdogan, che oggi vive in auto-esilio in Germania.

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